mercoledì 17 ottobre 2012

Il Mostro dell'Acqua - pt.2


È un altro giorno.

Durante la siesta pomeridiana, il sonno consegna lo scettro del mondo ai bambini. Gli adulti riposano; gli animali riposano; le piante riposano; i mostri riposano; i bambini giocano.
Mattonelle mosaicate del balcone trasmettevano - sornione - una piacevole frescura ai nostri addomi appiattiti contro il pavimento. È l'ora dei giochi dai ritmi blandi, trascinati sotto l'ombra. Soldatini sparsi sul campo di battaglia attendono, inerti, gli ordini pigri dei generali infanti.
Il Davide mi mostra un granatiere bordeaux. Un pezzo da novanta. Posa intrigante, pregevole fattura, neanche una pellicina di plastica fuori posto. Ammirevole, epico, imponente. Una Barbie lo attendeva a casa.  

È una prova di forza. Ora tocca a me stupirlo. Frugo nella valigetta delle Ninja Turtles e ne traggo con dita ansiose e tremule Hydra. Religiosamente, lo innalzo al livello degli occhi di Davide, custodendolo nella nicchia delle mani.
Hydra è il pezzo più raro e potente della collezione dei Monsters: quattro centimetri di gomma viola, nove teste, braccia possenti, mani unghiute, piedi elefantiaci, petto smisurato, alucce di figura. Granitico centrale difensivo e capitano della Nazionale dei Mostri, dotato di un tiro al fulmicotone, imparabile per qualsivoglia portiere al di fuori del pupazzetto Lego di Benji Price e della action figure di Tacconi. Quando si trattava di giochi d'avventura, invece, assumeva di diritto il comando dei super villains e tendeva, per istinto innato, a rapire Mighty Max e a nasconderlo in una qualche spelonca. Mai capito il motivo. Ma gliene sono grato, perché solitamente tutta la vicenda si sviluppava a partire da quel ratto originario.
Davide non si scompone: nei suoi occhi non scovo traccia dell'invidia che una pezzo simile dovrebbe suscitare. Ciò mi secca. Poi si gira, infila la mano nel suo MegaMarsupio e ne cava un Hydra specularmente identico al mio. Però rosso. Sorride. Dice: “lui ha anche il potere della lava in più!”. Sono livido di frustrazione. Mi mordo il labbro. Cazzate: non ha il potere della lava, è solo rosso. Devo rilanciare. Ma il viola... Cosa c'è di potentissimo e viola?
“E il mio ha il potere del ghiaccio viola!”
Dai bello, chiedimi se la lava può sciogliere il ghiaccio viola - chiedimelo - , perchè, sai, non può proprio, mi spiace: il ghiaccio viola è magico! 
Il Davide tace. Ha intuito. Finalmente un lampo d'invidia buca i suoi occhi di ghiaccio non-viola. Me lo godo come un sorbetto nel deserto del Khalahari.
Poi la sua espressione muta più volte in un secondo: lo sguardo da cervo ferito passa attraverso uno stadio nebuloso e catatonico per poi tornare gentile e amichevole. È genuinamente colpito dal mio Hydra. “Beeeello” dice. “Ciiiisso” dice - “Cisso” forse è una parolaccia, ma non importa: mi sta ammirando, lo perdono. Chiede di poterlo vedere un attimo tenendolo nelle sue mani. Nello slancio entusiastico post-adulatorio, glielo porgo. Il mio è un atto di generosità monumentale. O almeno così mi pare. Ma ne vale la pena. Sono un re magnanimo e illuminato e sto vivendo un evento storico importante, un momento di grande diplomazia. Il Patto di Hydra suggellerà la nostra amicizia: Il Davide mi riconoscerà come suo pari, come suo amico, compagno, elemento complement... Una mossa rapida della mano e Hydra vola giù dal balcone. Terzo piano. Sotto: una foresta di giunchi alti due metri, le bisce. L'Africa Nera. Le ridicole alette rachitiche spiegate inutilmente.

Impallidisco, sgomento. Piango muto mentre sento la rabbia salire gorgogliando su per le vene del collo. Pianto in faccia al Davide una coppia di occhi da lupo, appuntiti come chiodi. Lui ghigna, malefico, bello come un dio della crudeltà. “L'ho buttato giù”, dice. “L'ho buttato”. E ride. 
La voce del sangue invoca Vendetta! Urlando come un berserk mi avvento sul suo Hydra rosso, lo afferro e lo lancio giù, oltre la ringhiera, là dove finisce il mondo, là dove i mostri dovrebbero stare.
Davide sbianca, come feci io poco prima. Girda: “No! Ma sei scemo? L'hai buttato davvero?” 
Tra i tremiti di adrenalina e i singulti tartaglio: “Tu h-ai -bu-ttato il mi-o!”.
Davide adesso è arrabbiato, ma di una ferocia spenta: una brace disillusa. Scuote la testa. “Sei un bambino piccolo, sei stupido. Io non l'ho buttato per davvero” e così dicendo, con abilità da prestidigitatore, fa ricomparire da dietro la schiena il mio Hydra viola. “Ho solo fatto finta di buttarlo”, spiega. Poi aggiunse una frase che ricorderò finché campo, e che forse, in una qualche strana e perversa maniera, è la quintessenza dei rapporti umani: “Se vuoi essere mio amico, per prima cosa non devi credere a tutto quello che dico”.

Quella sera, sotto al lenzuolo a rombi blu e rossi, le mani giunte nella preghiera della buonanotte, chiesi a Dio che le bisce e i cannibali e le pantere non mangiassero Hydra rosso. Perchè lo sapevo che non era vero che aveva il potere della lava, e lì da solo nella foresta, così morbido e gommoso, rischiava di fare una brutta fine. 
Poi, mentre il sonno mi carezzava le ciglia, venni invaso da una sensazione lontana: come se il Mostro Dell'Acqua stesse sgocciolando dietro le mie pupille per invadermi, rendermi uguale a lui. Con torpida paura, guardai le mie mani giunte per coglierne un'eventuale metamorfosi. Erano normali: morbide, piccole e rosa-grigie nella penombra della stanza da letto. Mi addormentai.

Ancora non potevo saperlo: non era il mio corpo, ma il mio sguardo, ad essere cambiato.



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dilla