lunedì 30 settembre 2013

Il Dogma Spressionista

Ho sempre sognato di fare il regista. Ma sono pigro. Ora i nuovi potenti mezzi tecnologici a disposizione delle masse mi hanno permesso di realizzare il sogno suddetto. Posseggo uno smartphone - uno smartphone nokia-fetecchia, per la precisione - e tanto mi basta per catturare gli eventi che accadono.
Tuttavia, volendo essere trasparenti, il mio sogno nella sua interezza è: vorrei essere un regista di film cult, d'essai, di quelli da citare durante un vernissage con un bicchiere di brachetto in mano, ottenendo come solo risultato uno sbadiglio metro-goldwiniano della figona in abito da sera che avete messo con le spalle al muro a colpi di aggettivi.
Dovevo quindi trovare il modo di supplire alla mia palese incapacità tecnica, alla penosa scarsezza della strumentazione, all'estemporaneità dei miei filmatini del cazzo.
Così ho deciso di fondare un movimento cinematografico, una nouvelle vague 2.0, che giustificasse la totale inadeguatezza del prodotto facendola passare per ricerca stilistica d'avanguardia.

Ecco quindi che nasce lo Spressionismo.

Il cinema Spressionista è alla portata di tutti, è popolare, ma allo stesso tempo è un cinema di ricerca, sperimentale, che vuole restituire una genuina visione fenomenologica dell'esistente. Fare del cinema Spressionista è facile, divertente e ti permette di essere immediatamente un intellettuale, oltre che un artista.
Basta che ti attieni al Dogma. Il Dogma Spressionista, per l'appunto.

DOGMA SPRESSIONISTA

1- Il film deve durare massimo 34 secondi.
2- Il film dev'essere prodotto utilizzando unicamente la telecamera di uno smartphone o di un qualsiasi attrezzo digitale di nuova generazione il cui utilizzo primario non sia quello di fare foto o filmati. Gettate la vostra reflex da hipsters del cazzo. A noi ci piace il pixel.
3- Il film dev'essere in bianco e nero. Vi concedo il seppia.
4- Vietata la post-produzione.
5- L'audio dev'essere in presa diretta. Vietata qualsiasi colonna sonora extra-diegetica.
6- La decisione di fare il film dev'essere estemporanea. No sceneggiature. No casting. No prove. No preparazione di un luogo adeguato alle riprese. No attesa o creazione della luce giusta. Niente di niente. Si fa tutto come capita. L'attore è se stesso, non un personaggio. O, al limite, è se stesso che fa un personaggio.
7- Il cinema Spressionista non è né narrativo né documentaristico: è allusivo e fenomenologico. Non racconta una storia, la fa sospettare. Non cerca di mostrare un fatto reale, ma uno sguardo sulla realtà.
8- Il cinema Spressionista non è noioso, ma solo perché dura poco. Deve riuscire a trasmettere l'idea di essere pretenzioso pur nella sua inconsistente brevità. Sarebbe meglio se fosse sempre accompagnato da una lunga critica o recensione, anche scritta dal regista stesso.
9- Il cinema Spressionista è una cosa seria.
10- Il cinema Spressionista non è una cosa seria.

Ma poiché sono uno strenuo sostenitore del fatto che un esempio sia meglio di molte parole, eccovi un corto Spressionista che ho girato recentemente e di cui vado molto fiero.



LA PORTA SUL NULLA

Regia: Simone Perazzone
Con: Francesco Pavignano
Durata: 22"


domenica 29 settembre 2013

Stercorario

Vorrei cavalcare un coleottero
fino dentro il culo
del cielo notturno
- lontano lontano -
e spalmare di sterco
la faccia della luna;
imbrattar quei bei crateri,
quelle valli polverose
e candide 
e lattee,
con focaccioni di merda
densa e pastosa,
pulirmi le mano
con la bandiera americana
e gioire villano,
gioire immondo,
di tutto quel pantano.
Nel bel mezzo 
dei vostri sogni
ingenui e sgargianti
sentirete un tonfo,
poi un tanfo
inconfondibile
e svegliandovi
e tappandovi il naso
udirete la mia risata
rimbalzare nell'atmosfera vespasiana
tra le crepe
degli infissi scrostati
delle vostre camere in affitto.
Fuori dai vetri
che separano il sonno
dai lampioni,
aldisopra dei palazzi
circonfusi di marron,
la luna come un neo
sul labbro della notte,
come una biglia di guano
scagliata nella via lattea,
come un cioccolatino di merda
in bocca al buio,
galleggerà odorosa,
sempre muta,
apparentemente immota
eppur orfana di pallor.



venerdì 27 settembre 2013

D'istante

Esistono universi globulari
tra le palpebre
e i succhi glauchi dei bulbi:
veleggiano improfetabili
- pollini su pellicole acquee -
in attesa d'essere estratti
dalle mani cieche
d'un bimbo esposto,
putto di fortuna.

Esistono fabbriche sotterranee
dove bambini cinesi
cuciono la realtà.
Ho visto sotto i tombini
operai polacchi
tappare le falle
dell'esistente,
cambiare i tubi muffiti
del buonsenso.
A Tokyo stanno progettando
metropolitane invisibili
per gli urli
e i sorrisi.

Abitare una distanza
è passeggiare il silenzio
di portici dechirici
mano nella mano
con un presente paraplegico.



venerdì 6 settembre 2013

Ricettario biopolitico - Pasticcio di corpo docile

Verso metà agosto, al riparo di un chiosco - a due passi da un torneo di scopa alcolica ottuagenaria - ci trovammo a discutere di corpi di condannati, di questioni di genere, di esperienze personali o meno di reclusione e limitazione della libertà d'azione. Eravamo un piccolo manipolo e si è chiacchierato amabilmente, sorseggiato birre e the freddi, immaginato molto. Questo è il prodotto del nostro workshop: spero che sia piacevole da gustare come per noi lo è stato da preparare. È tutto sotto creative commons, come qualsiasi cosa troviate su questo blog; quindi prendetelo, scaricatelo, stampatelo, diffondetelo, feedbackkateci... 
Buona lettura.

(Ringraziamo organizzatori e artisti del progetto ANGAR per la disponibilità e gli spazi).












mercoledì 4 settembre 2013

Cosa fare se investite un cinghiale

Premetto che il titolo nella sua esaustività dovrebbe essere: cosa fare se malauguratamente investite un cinghiale senza ucciderlo con una Ipsilon 10 scassata mentre state viaggiando a moderata velocità su una strada provinciale piemontese intorno a mezzanotte. Questo perché una sana dose di innato empirismo (notare il bell'ossimoro) non mi permette di generalizzare una singola esperienza in modo da ottenerne una legge universale scientificamente accettabile. Per sentirmi legittimato a far ciò dovrei provare ad investire cinghiali in molti altri luoghi e con altri mezzi e a diverse velocità - chessò, con una moto d'acqua dentro ad una piscina olimpionica - ma ho paura che la cosa si riveli illegale e dispendiosa. Nonché fondamentalmente inutile.
Perciò preferisco limitare il mio vademecum ad un singolo caso che, sì, risulterà per i più poco utile a causa della sua specificità, ma spero altresì che possa rendere la vita più semplice anche solo ad uno di quelli che lo leggeranno.
Fatta questa precisazione, il primo consiglio è molto semplice: chiamate gli sbirri.
Nel senso: prima parcheggiate in un luogo tranquillo, constatate il danno subito dalla macchina e - dio non voglia - dalla vostra bella persona, cercate di capire se la bestia è viva, morta o x (nel mio caso x, poiché se n'è fuggita nella boscaglia al trotto, senza neanche fermarsi a chiedere scusa) e poi chiamate gli sbirri. Questo perché l'assicurazione tende a pretendere che il fatto sia accertato da un verbale delle forze dell'ordine. Potrà apparire sgradevole, ma la vostra parola vale meno di guano per un assicuratore. Anche se corredata da fango, sangue e setole nere appiccicati a ciò che resta del veicolo in questione.
Ma fatelo subito, di chiamare gli sbirri, perché io l'ho fatto il giorno dopo e quelli non son più voluti venire. Giuro. Se la son presa. Lo sbirro è così, sensibile: se non lo metti subito a parte di tutte le tue vicende personali ci sta male.
"Ma come, non ci ha avvisato subito?"
"Eh, no. Può sembrarle strano, ma non avevo mai accartocciato la macchina contro il culo di un cinghiale di due quintali, quindi non sapevo di dover chiamare immediatamente la sbirrolizia".
Quindi, sticazzi, il verbale non me l'han fatto.
Dopo tutto ciò, è probabile che vi rendiate conto che la macchina non riparte più. Sarà che il radiatore è magicamente scomparso, sarà che la ruota sinistra converge al centro peggio del PD, sarà che da sotto piscia un liquido non ben decifrato... fatto sta che da lì non si muove.
Perciò comincia la trafila divertente del carro-attrezzi.
Tendenzialmente il carro-attrezzi dovrebbe essere compreso nell'assicurazione: c'è un numerino nel vostro tagliando, un simpatico numerino verde, che promette di fornire assistenza europea 24 ore su 24. Tu chiami e ti risponde un nastro registrato che ti chiede gentilmente di schiacciare 1 se hai bisogno di un traino. Poi ti chiede di schiacciare altri numeri. Tu li schiacci come si schiacciano brufoli di bile. Dopo una serie di 1, la voce registrata, da mascula che era, diventa una donna e ti dice di aspettare in linea per poter parlare con un operatore. Tu aspetti, e intanto pensi che non avevi mai preso in considerazione l'ipotesi che le voci delle segreterie potessero prendere una decisione così ardita come quella di cambiare genere e sesso. Probabilmente però sono solo pregiudizi tuoi. Perso nei tuoi vagheggiamenti, vieni ricondotto alla concretezza dalla voce transessuale che ti ricorda l'importanza di rimanere in linea. Parte una musichetta allegra e ritmata. La scena si ripete per circa cinque volte, dopodiché decidi che vaffanculo. Riprovi e rifanculizzi tre volte. Niente. Spostare la macchina da lì ti costerà una settantina di euri in supplemento all'inculata e alla rottamazione. Grazie Zurich (questa è cattiva pubblicità, a'nfami).
Ora, c'è un'ultima inutile cosa da fare: contattare l'Ufficio caccia e pesca della provincia di pertinenza. Ivi ti spiegheranno dettagliatamente (e con quella rara disponibilità dettata dalla noia di chi non ha un cazzo da fare) come fare per presentare sulla loro scrivania una richiesta di risarcimento danni. Tutto questo sarebbe estremamente civile, dato che nella strada in questione non erano presenti segnalazioni di pericolo attraversamento animali selvatici. Peccato che l'ufficio suddetto non riceva fondi dal capoluogo da circa un paio d'anni, il che rende qualsiasi richiesta di rimborso un mero, divertente esercizio di abilità burocratica; un passatempo per pensionati o disoccupati.
Intanto il cinghiale, evento inatteso, sfuggente grumo di pelo nero, si divincola dalle maglie del senso umano; trotta oltre la biscia di cemento, lontano dalle lamiere arricciate, sbattendosene degli attraversamenti pedonali e dei cartelli, delle frecce e degli assicuratori. Lui grufola e tira dritto. Per un istante il mio universo ha colliso col suo, e ha avuto la peggio.