Stanotte
ho vomitato un Uomo-pesce.
O meglio, ho sognato di vomitare
un Uomo-pesce.
Anzi, per dirla tutta, l'ha vomitato un gatto grigio, quasi argentato. Però è come se l'avessi fatto io.
Anzi, per dirla tutta, l'ha vomitato un gatto grigio, quasi argentato. Però è come se l'avessi fatto io.
Ma
andiamo con ordine.
Stavo consigliando alla mia ex-morosa di
andare a Barcellona. "Vacci, che è un bel posto", le
dicevo, "vacci con la tua amica Adele, stacci un po', vedrai che
ti diverti. C'è delle architetture meravigliose, c'è del cibo
niente male, ilsoleelaspiaggia, e dei parchetti graziosi spuntano
dietro agli angoli quando meno te l'aspetti. Ce n'è uno che profuma
di pane alle uvette e di fiori, e nasconde tra le fronde un tempio
greco. Ci sono pappagallini verdi che cantano salmi in lode agli dei
e rampicanti puntellati di fiori rosa s'avviluppano alle colonne
ioniche. Vacci, che è uno spettacolo. Lì, se ci vai, puoi cantare e
danzare per la gente del parco, come se fosse un teatro aperto: la
gente ci declama le poesie, le orazioni, ci fa comizi, ci suona la
chitarra. Basta prenotarsi un poco prima... ci penso io se vuoi.
Ecco, guarda, basta andare su internet".
Lei non
parlava. Non so se per pudore, per accondiscendenza o più
semplicemente perchè - nel sogno - le altre persone non sono che
ombre, larve, fantasmi d'averno. Pareva però che l'avessi
convinta.
Poi lo scenario cambia. è notte o sera tardi. Sono nel
salotto, a Torino. La porta finestra è aperta e il balcone è
illuminato da una luna piena e austera. Lì, dietro l'anta, dove non
si può vedere che di sbieco, c'è l'Uomo-pesce.
Incomprensibilmente
non ci sono gli altri coinquilini ma solo i miei genitori. Stiamo
discutendo di cose senza importanza, ma c'è una situazione piuttosto
tesa. credo per colpa di mio padre. mia madre è stranamente
silenziosa. Intanto due gatti fan la spola tra il balcone e il
divano. Uno è grigio, quasi argentato, sfuggente, bello e superbo,
evita il contatto con le mani umane, quasi ne potessero contaminare
lo splendore del pelo. L'altro è blu scuro - quasi viola -, brutto,
affettuoso ma circospetto. Non è abituato alle carezze umane, per
via del suo aspetto, e sebbene rimanga guardingo sembra godere
immensamente delle poche carezze di compassione che riesce a
racimolare. I miei sembrano indispettiti dall'atteggiamento del gatto
grigio chiaro. Vorrebbero accarezzarlo. Allora io dico: "No. lui
non si fa accarezzare. quello scuro, quello si fa accarezzare,
guardate...", faccio segno al gatto di avvicinarsi e gli passo
la mano sul pelo. sento distintamente le sue croste sotto i
polpastrelli morbidi. Nascondo un moto di ribrezzo. I miei non
sembrano convinti. cominciano a discutere animatamente per qualcosa.
Non riesco a seguire il discorso.
Ad un certo punto la luna
stride ed ulula. mi giro verso il balcone e vedo l'Uomo-pesce morto,
disteso, fosforeo, ricoperto di una polpa densa e verdastra. Ci
alziamo di colpo e andiamo a constatare la situazione. Un tanfo
insopportabile di pesce in decomposizione satura l'aria. Di fianco
all'Uomo-pesce giace il gatto argentato, anch'esso morto.
Quest'ultimo è lungo disteso, rigido, supino. sembra si stia
stiracchiando. sembra pietrificato nell'atto di svegliarsi per
sempre.
La bocca è spalancata e appiccicaticcia del medesimo
liquame che ricopre l'Uomo-pesce. Istantaneamente capisco: sebbene
sembri assurdo - difatti l'Uomo-pesce è grosso come un uomo e il
gatto chiaro è grosso come un gatto - , il felino aveva ingoiato
intero lo strano essere e poi, non avendolo digerito, non ha potuto
far altro che vomitarlo. ma ciò gli è stato fatale.
I miei
cominciano a pulire. qualcuno butta giù dal balcone il gatto morto.
mio padre ispeziona le buffe grosse scarpe dell'Uomo-pesce. cristona
un po' per via dello sporco e dell'odore. mia madre sembra pensare
che l'accaduto sia colpa mia, ma non si pronuncia apertamente.
Poi
mi viene in mente che volevo andare ad ascoltare la banda, a
Occhieppo. Allora dico ai miei che non c'è problema, che mi carico
in macchina il cadavere dell'Uomo-pesce e che lo butto al primo
bidone. Non dicono di no.
Sono sulla Ipsilon grigia, l'Uomo-pesce
è disteso nei sedili posteriori. lo guardo allo specchietto. è
vestito elegante, in giacca e cravatta, ma il collo della camicia è
molto più largo di quello di una qualsiasi camicia per umani. Da
esso esce una grossa testa senza collo, dotata di branchie, occhi a
palla, bocca enorme. Una pinna fa capolino dalla nuca. Ha una
valigetta nella mano squamosa. tutta la pelle è squamata ed è di un
colore indescrivibile, un misto di grigio, azzurro, verde,
marroncino, traslucida come il guscio dei coleotteri. Anche il suo
completo da rispettabile quadro d'azienda è del medesimo colore
indefinibile. Che cazzo m'aspettavo? è un Uomo-pesce. Morto.
Punto.
Tardo a gettarlo, nonostante puzzi terribilmente. Sono
pigro in ogni cosa e odio fermarmi se guido. Lo butterò quando
arriverò al polivalente. Guido cantando a squarciagola, prendendo le
curve larghe, coi finestrini giù. Non ricordo se sono felice.
Poi
gli sbirri.
Sono lontani, ma mi han visto guidare come uno sbronzo e cominciano a seguirmi.
Sono lontani, ma mi han visto guidare come uno sbronzo e cominciano a seguirmi.
Vado veloce. Supero una casa rossa che reca l'insegna
"IL PIÙ BEL BAR DEL MONDO". Penso che ci voglio andare,
una qualche volta. magari non mentre sono inseguito dagli sbirri.
Sono vicino al polivalente e sento la banda suonare. Fanno cover
degli Area e di Stratos. Adesso stanno cantando "Pugni Chiusi".
Parcheggio di fretta. Scendo. Salgo nel sedile posteriore. Inciampo,
cado sul corpo viscido dell'Uomo-pesce che sparge liquame in tutto
l'abitacolo e sui miei abiti. Mi siedo nell'abitacolo con
l'Uomo-pesce sulle ginocchia, cerco di sollevarlo. Pesa molto. Mi
guardo nello specchietto e vedo che sono completamente coperto di
schizzi di vomito di gatto. Sono sgamissimo. La polizia potrebbe
arrivare da un momento all'altro e io ho un cadavere in grembo. Un
cadavere di Uomo-pesce. A questo punto sento, o mi ricordo, che c'è
un torrente che scorre vicino al parcheggio appena oltre una
staccionata, giù per un breve ripido dirupo. Mi sento leggero e
penso che riuscirò a buttare l'Uomo-pesce lì sotto prima
dell'arrivo della polizia. Poi capisco anche che tutto questo è
assurdo e che probabilmente è un sogno. Infatti sono rannicchiato in
posizione fetale e non ho nessun essere bizzarro sulle ginocchia.
Rimango un attimo incerto: devo concludere il sogno buttando
l'ominide nel ruscello – quanto meno per correttezza nei confronti
del mio inconscio che si è comunque fatto un discreto sbatta - ,
oppure posso darmi per salvo e svegliarmi? Decido che si, sono
praticamente salvo. Anche se mi svegliassi ora non si potrebbe
considerare una fuga ingloriosa da un incubo, e magari farei ancora
in tempo ad ascoltare uno o due pezzi degli Area suonati dalla banda
di Occhieppo. Chessò, “Gioia e Rivoluzione”.
Mi alzo
dal sedile posteriore sollevando l'Uomo-pesce con le braccia.
Mi
alzo dal letto rincoglionito e con un gusto di pesce semi-decomposto
in bocca.
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dilla