Lo chiamavano “El Baiano”.
Lo chiamavano così.
Non c'è un motivo, no: non veniva da
Bahia, non era il suo cognome.
Lo chiamavano “El Baiano” e lui
girava di dieci gradi la testa in direzione della voce, senza
staccare lo sguardo dalle tette della cameriera. Solitamente era il
postino, un uomo olivastro, grasso e sudato che ogni qual volta
finiva una frase si asciugava i baffi setolosi con un grosso
fazzolettone liso, forse un tempo bianco; entrava nel bar, gli faceva
passare una lettera da sopra la spalla e se ne andava.
Immancabilmente la lettera finiva, senza essere degnata della minima
attenzione, nella spazzatura di fianco al bancone.
Che tipo, questo El Baiano.
Più raramente era il garzone del
meccanico di Calle Cienfuegos a venirlo a chiamare: un ragazzetto
malinconico in canottiera da basket e pantaloncini azzurri. In tal
caso El Baiano alzava lo sguardo fino ad incrociare quello di
Mariuchi – la cameriera – e inclinava la testa fin quasi a
toccare la spalla, socchiudendo gli occhi, come a dire: “scusa
Mariuchi, torno subito”, poi, facendo perno su un solo piede dello
sgabello, ruotava di mezzo giro e porgeva la mano crepata
all'adolescente che gli consegnava una strisciolina di carta con
degli strani ghirigori a matita. La spiava con occhi attenti,
annuendo meccanicamente, le labbra serrate, poi la accartocciava e se
la metteva in bocca; mentre masticava, faceva scivolare una banconota
di piccolo taglio nella tasca sdrucita del garzone, infine lo
congedava con due leggere pacche sulla nuca date in rapida
successione. Al termine del rituale, ruotava nuovamente di mezzo giro
sullo sgabello e tornava a fissare con zelo le tette di Mariuchi.
Quel mattino, il bar era semi-deserto;
i campesinos avevano già ripreso il loro lento zappare, le mami coi
fazzoletti in testa frantumavano serie e vigorose la tapioca, i
militari passeggiavano per la via principale sfoggiando le loro
collane di proiettili. Solo i vecchi cigolavano pochi insulti, tra
una mano e l'altra, nella penombra afosa del terrazzino di foglie di
palma.
D'un tratto risuonò sulle pareti di
calce viva del locale una voce virile, mangiata dal sigaro.
“El Baiano!”
L'uomo s'alzò di scatto e fece cadere
lo sgabello. Guardò Mariuchi: la cameriera era immobile, stringeva
un bicchiere sporco con entrambe le mani, lo sguardo terrorizzato.
“El Baiano, hombre!” tuonò di
nuovo la voce “Perchè non rispondi alle mie lettere?”.
Si girò con calma, pensando
“finalmente ci siamo, finalmente...”.
La morte era di fronte a lui, alta
nera, vestita d'ossa. Un cigarro cubano incorniciato dall'ombra del
sombrero ardeva furioso.
El Baiano rimase a fissare, per cinque
secondi che parvero un lustro, quel viso che non c'era.
Avete capito, questo El Baiano? Si
trova la morte di fronte e non scappa, resta fermo e la guarda in
faccia!
Poi, in cinque secondi che sembrarono
un fotogramma, con un balzo da puma le fu addosso e le piantò un
coltello a farfalla secco secco nell'addome.
TLACK!
“Perché non so leggere”, disse.
La morte rise. Rise fragorosamente,
roca. Il sigaro le cadde dalle gengive rapprese.
A quel punto successe qualcosa
d'inatteso: quello spettro schifoso fece due passi in dietro, chinò
leggermente il capo e se ne andò, lasciando una scia di sangue nero
che puzzava di brodo di pollo e aglio rancido.
Quando fu fuori, afferrò un vecchio di
quelli che giocavano a carte e lo inghiottì in un boccone, prima di
allontanarsi in direzione del deserto.
Gli altri vegliardi, i pantaloni pieni
di piscio, gettarono sul tavolo le carte e presero a recitare il
rosario, tremanti come cani presi a calci.
Allora El Baiano si asciugò la fronte
con la camicia, si girò verso Mariuchi e la guardò, prima nelle
tette, poi negli occhi.
Lei annuì.
Lui fece tre passi verso il bancone, si
frugò in tasca e gettò sul pianale di legno umido e segnato tre
smeraldi grossi come noci.
“Per saldare il debito...”,
bofonchiò.
“È
troppo”, rispose Mariuchi scuotendo la testa, gli occhi remotamente
tristi.
“Con
il resto, comprati un vestito. Con i fiori”
“Che
fiori?”
“Viole”.
Accidenti
che tipo, anche con le donne!
Fatto
sta che mezz'ora dopo El Baiano era in Calle Cienfuegos, nel cortile
del meccanico. Sembrava non esserci nessuno in casa. Raccolse un
sasso da terra. Lo gettò contro una finestra. Aspettò.
Diversi
minuti dopo il garzone malinconico spalancò le imposte, guardò giù
assonnato e strabuzzò gli occhi.
“El
Baiano? Moreno sta dormendo e...”
“Sveglialo”.
Il
ragazzetto si strinse nelle spalle da passerotto e venne ringhiottito
dalla finestra.
Si
sentì un rumore metallico di pentole, poi delle bestemmie
irripetibili, infine lo schiocco di uno scapaccione.
Il
sole cadeva diritto come un piombino nel cortile di Calle Cienfuegos
quando la piccola porta di smalto azzurro scricchiolò in fuori. Ne
uscì rotolando un formidabile bacarozzo di più d'un quintale,
vestito con una canottiera sdrucita e gialla e un paio di bermuda
color cachi.
“Buenos
dias, Moreno”, disse cordialmente El Baiano, “dormito bene?”.
Il
meccanico, gesticolando nervoso con le sottili zampette, spalancò le
tenaglie e rispose gioviale: “Come un morto, hombre. Come un
morto”.
Rimasero
un poco a fissarsi, nella luce surreale del mezzodì.
Poi
le antenne della blatta vibrarono intensamente, come bacchette da
rabdomante. Un bagliore bianco disegnò - fulmineo - il contorno
tondo della sua testa traslucida e sudata.
“L'hai
uccisa, vero? Hai ucciso quella cagnabastardaneratroia?”.
El
Baiano sputò per terra, in direzione del deserto.
Allora,
come in preda agli spiriti del Candomble, il meccanico improvvisò
una danza disarticolata, facendo ronzare le ali sottili di carta di
riso e palleggiandosi quel grosso corpicione ovale da una zampa
all'altra. Era indubbiamente uno spettacolo singolare: neanche El
Baiano osò interromperlo.
Quando
ebbe finito, esausto, cadde sul dorso convesso.
Penò
non poco a rimettersi in piedi, ma rifiutò con fermezza la mano tesa
del compare.
“Voglio
il mio Aguaplano” disse infine l'uomo, non appena il suo meccanico
di fiducia fu di nuovo in posizione verticale. Il buon Moreno assunse
un'espressione seria e professionale, indicò un capannone fatiscente
alla sua destra e disse: “È come nuovo amigo: l'ho tirato così
lustro che sembra il dorso di un capidoglio. Vai a darci
un'occhiata!”.
El
Baiano non volava da nove anni, ma il suo decollo fu perfetto.
Quando
fu in cielo, tritò tre angeli tra le lame dell'elica, sorvolò la
Bahia de Ballenas e spense il sole con uno sputo, per vedere prima il
tramonto.
“Ora
che è morta”, pensò dietro alla fronte impassibile, “ora che è
morta, ho tutto il tempo che voglio. Tutto il tempo per volare, e per
raccontare”.
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dilla