mercoledì 13 marzo 2013

Ordine e Chaos

Pirandello è nato ad Agrigento. 
O Akragas. O Agrigentum. O Kerkent. O Girgenti, come la chiamavano i normanni e poi anche la maggior parte di quelli che ci abitavano. 
Almeno finché nel '29 Mussolini ha deciso che no, ha deciso che la si chiama tutti - normanni e non - come la chiamavano i romani. 
E allora Agrigento. Va bene. 
Pirandello è nato ad Agrigento.
"Difficile capire un Paese" disse Enzo Biagi "dove la stessa cosa è chiamata al Nord uccello e al Sud pesce". Difficile anche governarlo. A meno che non si voglia usare il manganello; che quello, per farsi capire, si fa capire in tutte le lingue. 
E Pirandello, in effetti, piegò la sua penna di fronte agli argomenti del bastone. Ebbe la sua tessera nel '24. 
Un accattone? Un anti-comunista? Un ignavo? Un patriota? 
Sì, sì, sì, sì.
E' vero che stracciò la sua tessera nel '27, davanti agli occhi allibiti del Segretario Nazionale?
E' vero che nel '35 rispose alla richiesta di "oro per la patria" indetta dal regime fascista donando il suo Premio Nobel?
E' vero che firmò il manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile?
E' vero che la critica fascista non fu mai morbida nei confronti delle sue opere e che finì nelle liste dell'OVRA, la polizia segreta del regime?
Sì, sì, sì e sì.
Così è, se vi pare.
Pirandello è nato ad Agrigento.
Un nome solo per tentare d'arginare il caos di centomila, per ancorare un'illusoria immagine mentale ad una cosa. Volontà e ordine fusi come in una formula magica; una nenia ripetitiva, ipnotica, pronunciata senza sosta per plasmare gli usi linguistici - e quindi il mondo - dell'ipotetica tribù italica.
La macchina della propaganda è la moderna serializzazione della facoltà mitopoietica antica. Pistoni e tapis-roulant contro mani sporche d'argilla e torchio.
Una bugia ripetuta dieci, cento, mille volte, diventa la verità.
Un popolo è popolo anche e soprattutto perché tutti i suoi membri chiamano la stessa cosa nella stessa maniera.
Ma Pirandello sa - e lo dice, parlando di humour inglese e lingua italiana- che "il fatto che non ci sia la parola, non significa che non ci sia la cosa". 
E, con un ribaltamento umoristico, il fatto che ci sia una parola non implica che essa significhi la stessa cosa per tutti.
Infatti Pirandello non è nato ad Agrigento. Questa è una bugia, raccontata mille volte.
Pirandello è nato a Girgenti "sotto un gran pino solitario in una campagna d’ulivi saraceni affacciata agli orli d’un altopiano d’argille azzurre sul mare africano". E quel luogo irto e selvaggio, fuori dal recinto umano della città, gli autoctoni lo chiamavano Cavusu. 
Cavusu. Cioè Caos. Cioè l'abisso, la voragine, il vuoto prima di ogni mito, prima di ogni racconto, prima di ogni parola. L'infondato da cui si ergono, e vengono sequenzialmente evirati, i ripetuti tentativi d'ordine, di forma, di senso, in cui la vita stessa cerca di sclerotizzarsi.
Ritmo, pulsazione, alternanza, oscillamento: gesti che disegnano lo spazio e il tempo in cui poter attuare gesti che disegnano lo spazio e il tempo in cui poter attuare gesti... 
Vita e teatro. Il fatto che sian due parole diverse, non significa che siano due cose diverse.
Pirandello è morto a Girgenti. 
Un carro misero e disadorno - secondo quanto scritto di suo pugno, per fissare le sue ultime vive volontà - l'ha ricondotto, biutto, nella bocca del fuoco.
Cremato. Un vaso a contenere il resto di cenere dello sparagmos, di modo che il suo corpo, consumato dalle parole, tornasse al Caos muto da cui era nato.



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dilla