venerdì 15 agosto 2014

Talete

Talete di Mileto,
filosofo e sapiente,
di notte guardava
il cielo stellato,
di giorno pensava
e non faceva niente.


Una sera
dopo cena
- perché per pensare
ci va la pancia piena -
uscì all'aria aperta
col solito intento:
scrutare, contento,
la volta scoperta,
blu,
brillante
immensa.

le sfere degl'occhi
fuor dalle orbite
delle sfere celesti,
passeggiava 
fra crochi,
filari di vite
e presagi funesti;
sgocciolando bava
col naso all'insù,
non ricordava
ormai neanche più
che i piedi poggiava
sulla terra
quaggiù.

D'un tratto
la punta 
del sandalo destro
incontrò scandalo
nel tallone 
sinistro,
e quel tale
- Talete -
ruzzolò per tre metri
e cadde
- in carpiato -
sul fondo di un pozzo
profondo e coperto
di muschio e di sterco.

Nel buio strillava
con voce spaccata
e nell'acqua gelata
mulinava le gambe;
nel mentre passava
di là, per caso, Iambe,
arguta servetta Tracia,
che, vista la scena,
apostrofò con sagacia
- e ben poca pena -
quel tonto sapiente
che ancora frignava:

"O stolto Talete,
di che ti lamenti?
la luna è nel pozzo
e l'hai presa fra i denti!
Sia... chiaro,
il tuo pensiero
- è vero -
è... profondo,
ma, invero, se vuoi
conoscer del Mondo
le leggi segrete
- mio caro Talete -
impara per prime
quelle del corpo
che ti vive appresso,
se no, ti confesso,
dalle stelle allo sterco
la distanza è di un passo."

E per sincerarsi
che fosse esauriente
la lezione di vita,
Iambe, repente,
solleva la veste
e gli mostra la fica.

Talete nel pozzo
ora piange, si pente,
e si bagna le dita
pensando alle stelle
e a Vener tra quelle
la sua favorita.






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dilla