Talete
di Mileto,
filosofo e sapiente,
di notte guardava
il cielo stellato,
di giorno pensava
e non faceva niente.
filosofo e sapiente,
di notte guardava
il cielo stellato,
di giorno pensava
e non faceva niente.
Una
sera
dopo
cena
-
perché per pensare
ci va la pancia piena -
uscì all'aria aperta
col solito intento:
scrutare, contento,
la volta scoperta,
blu,
brillante
immensa.
uscì all'aria aperta
col solito intento:
scrutare, contento,
la volta scoperta,
blu,
brillante
immensa.
le sfere degl'occhi
fuor dalle orbite
delle sfere celesti,
delle sfere celesti,
passeggiava
fra crochi,
filari di vite
e presagi funesti;
filari di vite
e presagi funesti;
sgocciolando bava
col naso all'insù,
non ricordava
col naso all'insù,
non ricordava
ormai neanche
più
che i piedi poggiava
sulla terra
quaggiù.
D'un
tratto
la punta
del sandalo destro
incontrò
scandalo
nel tallone
sinistro,
e quel tale
- Talete
-
ruzzolò per tre metri
e cadde
e cadde
- in carpiato -
sul
fondo di un pozzo
profondo e coperto
di muschio e di
sterco.
Nel buio strillava
con voce spaccata
e nell'acqua
gelata
mulinava le gambe;
nel mentre passava
di là, per
caso, Iambe,
arguta servetta Tracia,
che, vista la
scena,
apostrofò con sagacia
- e ben poca pena -
quel tonto
sapiente
che ancora frignava:
"O stolto Talete,
di che
ti lamenti?
la luna è nel pozzo
e l'hai presa fra i
denti!
Sia... chiaro,
il tuo pensiero
- è vero -
è...
profondo,
ma, invero, se vuoi
conoscer del Mondo
le leggi
segrete
- mio caro Talete -
impara per prime
quelle del
corpo
che ti vive appresso,
se no, ti confesso,
dalle stelle
allo sterco
la distanza è di un passo."
E per
sincerarsi
che fosse esauriente
la lezione di vita,
Iambe,
repente,
solleva la veste
e gli mostra la fica.
Talete nel
pozzo
ora piange, si pente,
e si bagna le dita
pensando alle
stelle
e a Vener tra quelle
la sua favorita.
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dilla